LA RAGAZZA DI NEVE: intervista a Javier Castillo
È uno dei romanzi più attesi dell’anno: La ragazza di neve (Salani Editore) di Javier Castillo arriva in libreria il 17 marzo, e noi non vedevamo l’ora di leggerlo. Abbiamo potuto incontrare l’autore a Milano e scoprire di più sul libro, la sua scrittura e molto altro: ecco cosa ci ha svelato!
La trama
1998, New York, parata del Giorno del Ringraziamento: Kiera Templeton, tre anni, sparisce. Succede tutto in un attimo: il padre perde la presa calda e leggera della mano di sua figlia e improvvisamente non la vede più, inghiottita dalla folla che si spintona. Inutile chiamarla, chiedere aiuto e disperarsi. Dopo lunghe ricerche, vengono ritrovati solo i suoi vestiti e delle ciocche di capelli.
2003, cinque anni dopo, il giorno del compleanno di Kiera: i suoi genitori ricevono uno strano pacchetto. Dentro c’è una videocassetta che mostra una bambina che sembra proprio essere Kiera, mentre gioca con una casa delle bambole in una stanza dai colori vivaci. Dopo pochissimo lo schermo torna a sgranarsi in un pulviscolo di puntini bianchi e neri, una neve di incertezza, speranza e dolore insieme.
Davanti al video c’è anche Miren Triggs, che all’epoca del rapimento era una studentessa di giornalismo e da allora si è dedicata anima e corpo a questo caso. È lei che conduce un’indagine parallela, più profonda e pericolosa, in cui la scomparsa di Kiera si intreccia con la sua storia personale in un enigmatico gioco di specchi che lascia i lettori senza fiato. La ragazza di neve è un thriller perfetto che ribalta le regole del genere.
La nostra intervista
Vorrei partire dal tema centrale del romanzo: la sparizione di una figlia. Senza dubbio l’incubo peggiore di un genitore, e non solo per la perdita del figlio stesso, ma per la mancanza di una chiusura. Quando un figlio muore abbiamo una serie di riti che ci aiutano a superare il dolore, dal celebrarne il funerale al lutto. Se un figlio sparisce, tutto questo non c’è. Si entra in uno stato di lutto perenne. Da genitore e da scrittore, quanto ti ha cambiato scrivere questo libro, e quanto è stato difficile a livello emotivo?
È stato molto duro, come potete immaginare. Mi sono immedesimato appieno in questa situazione e questo mi ha aiuto nella scrittura, ma è stato complicato sotto altri punti di vista. Via via che mi documentavo sulle storie dei bambini scomparsi, ho realizzato proprio ciò che dicevi. Ci si trova di fronte a delle situazioni di lutto permanente, peggiore di un lutto “convenzionale”.
Ho visto genitori rimasti congelati nel tempo al momento in cui il loro bambino o bambina sono scomparsi. Per loro, ogni giorno era il giorno in cui li perdevano di nuovo. Terribile. Ho letto di genitori che per anni hanno scritto lettere ai loro figli, rivolgendosi a loro come se fossero ancora bambini, anche se magari erano passati vent’anni. Allo stesso tempo, è stato uno degli aspetti più interessanti della mia ricerca.
Dopo aver scritto il romanzo ho partecipato con mia figlia alla cavalcata dei re magi, un evento simile a quello che apre la mia storia. Portavo mia figlia in spalla, esattamente come accade nel libro, e ricordo che a un certo punto ho dovuto stringerla e lasciare la folla, allontanarmi con lei. Sentivo che la situazione che avevo raccontato era come una sorta di ricordo fittizio, e non mi sentivo sicuro.
Miren Triggs è un personaggio affascinante, alla quale non hai affidato né un compito né una storia personale facili.
È il personaggio più complesso dal punto di vista psicologico, e l’unica a raccontarsi in prima persona. Apprendiamo presto che Miren ha subito uno stupro, e che in seguito ha costruito attorno a sé una corazza. La protegge, ma le rende anche difficile aprirsi a nuove relazioni e a nuovi rapporti umani. È come se vivesse sempre sul limite di qualcosa, senza mai entrarci. Mette spesso in discussione le sue scelte, e sente di essersi persa a sua volta. Una parte di lei sente che se riuscirà a ritrovare Keira, ritroverà anche se stessa.
Da dove viene la scelta dell’ambientazione americana, non solo in questo romanzo che ci porta a New York, ma anche negli altri quattro (inediti in Italia)?
Questa serie di ambientazione americana prende il via per un motivo abbastanza innocente. Il mio primo romanzo si apre con una scena surreale: un uomo che passeggia nudo per le strade di una città reggendo la testa mozzata di una donna. Una scena scioccante, e ho pensato «non posso dare a intendere alla gente che una cosa simile possa accadere in Spagna, devo allontanarla dalla mia realtà». Ecco perché è finita oltreoceano.
Il secondo romanzo era il seguito del primo, quindi per forza di cose sono rimasto negli Stati Uniti. Con il terzo romanzo, è dipeso tutto dalla scelta di ambientarlo nel mondo del cinema, con degli sceneggiatori come protagonisti. Io inizio dalla storia, poi definisco i personaggi e solo dopo scelgo la collocazione geografica dell’azione: in quel caso ho scelto Hollywood negli anni Settanta.
In La ragazza di neve volevo collocare la scomparsa di una bambina in quello che fosse un momento molto felice per i bambini, e cosa più della parata del Ringraziamento, che culmina con il passaggio di Babbo Natale in slitta? Volevo anche introdurre una critica a un certo tipo di giornalismo, sensazionalistico e che alimenta la curiosità morbosa del pubblico, ma non volevo che fosse un attacco al giornalismo spagnolo.
È interessante il modo in cui introduci il ruolo della stampa e della televisione nel tuo romanzo. Da un lato abbiamo una giornalista che si trova nelle condizioni di fare ciò che la polizia non riesce a fare, dall’altro ai media spetta un ruolo a volte moralmente discutibile, tipico di queste vicende.
Volevo presentare i due possibili modi in cui si può svolgere questa professione. Esiste un giornalismo sincero, che si occupa di ciò che davvero importa e vuole veicolare l’informazione reale. Di contro, vediamo che il giornalismo è spesso alla ricerca del click, e non si preoccupa di snaturare l’informazione se così facendo otterrà più lettori e guadagnerà di più dalle pubblicità. Miren Triggs è un esempio del giornalismo virtuoso: la conosciamo quando sta studiando giornalismo e anche come il mondo reale del giornalismo cerchi di cambiarla una volta lasciata l’atmosfera protetta dell’università.
Dopo cinque libri, cosa hai scoperto di te stesso?
Sono diventato un perfezionista. Ora sono ipercritico nei confronti di me stesso e di ciò che faccio, o che scrivo. Penso che il mestiere della scrittura sia uno dei pochi mestieri che, con l’andare del tempo, diventa più complesso anziché più semplice. Soprattutto se vogliamo sorprendere il pubblico, e farlo ogni volta. Questa è la sfida più difficile!
La ragazza di neve di Javier Castillo (Salani Editore) è in libreria dal 17 marzo.