V2, intervista a Robert Harris sul suo nuovo romanzo
V2 è il nuovo romanzo di Robert Harris (Mondadori), un romanzo storico capace di trasportare il lettore in Olanda nel novembre 1944, accanto a due personaggi indimenticabili.
Da un lato l’ingegnere tedesco Rudi Graf, che si trova in una cupa cittadina sulla costa olandese occupata dai nazisti per sovrintendere al lancio dei missili V2 su Londra, dei quali ha contribuito alla creazione. Dall’altro Kay Caton-Walsh, ausiliaria dell’aeronautica militare britannica, scampata per poco all’orrore dell’esplosione di uno di questi brutali strumenti di terrore civile. Ora, armata solo di un regolo calcolatore e delle tavole dei logaritmi, partecipa con altre donne a una missione in Belgio, da poco liberato dai tedeschi, finalizzata a localizzare e distruggere le basi di lancio dei V2.
Abbiamo potuto intervistare Robert Harris su Zoom, ed ecco cosa ci ha raccontato!
V2 ha il merito di raccontare ai lettori una pagina di storia importante per quanto riguarda le donne, a cominciare dalla sua protagonista.
Lo spunto da cui tutto ha avuto inizio è stata la lettura di un necrologio sul Times il 5 settembre 2016. Era quello della novantacinquenne Eileen Younghusband, e riportava una descrizione del suo lavoro come ufficiale della WAAF a Mechelen. Ho letto entrambi i suoi memoir (Not an Ordinary Life (2009) e One Woman’s War (2011), ndr). Per quanto riguarda la storia e il ruolo dei missili V2, mi ha affascinato il ruolo cruciale delle donne nel processo di calcolo richiesto per il successo dell’operazione.
Ha dichiarato in una precedente intervista che, come scrittore, sente la necessità di giudicare i suoi protagonisti con i criteri consoni al periodo storico di riferimento. Con le dovute proporzioni e pensando alle donne, ci sono poi molte differenze con la nostra epoca?
Certo, 76 anni fa le cose erano molto diverse. Volevo parlare del ruolo delle donne nel secondo conflitto mondiale, ma la verità è che a poche spettarono ruoli di spicco. Da un lato la guerra portò molte novità, nella società e nei rapporti interpersonali. Dall’altro, ci sono grandi differenze tra la contemporaneità e quel periodo: è giusto che si veda.
C’è un altissimo livello di dettaglio, quando si tratta del missile V2. Quanta letteratura esiste sull’argomento, e quanto è stata accessibile durante la fase di ricerca?
C’è tantissima informazione disponibile, e ho letto il più possibile. Di solito la scrittura mi richiede circa sei mesi, la ricerca altri sei, a volte fino a nove. I materiali non sono più secretati, e anzi, c’è una schiera di esperti e appassionati che hanno prodotto letteratura tecnica sull’argomento. Per non parlare dei memoir dei direttamente coinvolti, anch’essi disponibili. Il fatto di non essere un esperto mi ha aiutato: tutto ciò che comprendevo, sarebbe stato compreso dai lettori. Il missile V2, poi, ha un ruolo in primo piano, quasi al livello di un terzo personaggio. Volevo che fosse il cuore del romanzo, e spero di esserci riuscito.
V1, V2 e V3 erano l’arma segreta dell’esercito tedesco, ma a fronte di ventimila persone morte per la loro realizzazione già a partire dagli anni Trenta e dello scarso danno provocato rispetto alle loro caratteristiche… possiamo parlare di errori di progettazione? E quanto sappiamo di quelle ventimila persone? Venivano anche dai rastrellamenti e dalla deportazione?
Il V2 era estremamente sofisticato, probabilmente quanto di più sofisticato ci fosse all’epoca. Ma non era un’arma, né era stato inizialmente concepito per esserlo. Di sicuro, in un momento di lucidità, non sarebbero stati spesi quei capitali e quelle vite per un’arma in fondo neanche troppo efficace, ma eravamo nel novembre del 1944. La lucidità non era più una caratteristica pregnante dell’agire tedesco. Per rispondere alla seconda parte della domanda, non si trattava di prigionieri ebrei o persone prelevate dai campi di sterminio, no.
Una curiosità sui ringraziamenti. Qui specifica che il romanzo è stato scritto durante il lockdown primaverile. Molti autori hanno dichiarato di faticare a produrre narrativa, durante quei mesi. Scrivere l’ha aiutata a distaccarsi dal momento presente? Alla letteratura spetta questo ruolo anche nei confronti dei lettori, secondo lei?
Prima della pandemia, avevo scritto circa un quarto del libro. Dopo un periodo iniziale di fatica, mi sono detto che sarei voluto uscire da quel periodo con qualcosa in mano. Mi sono dato una scadenza, un ritmo e ottocento parole da scrivere ogni giorno, e mi ha aiutato. Capisco la difficoltà: è molto difficile rilassarsi, quando succede qualcosa del genere. Nel mio caso è stata un’occasione di distrazione, e credo lo sarà anche per i lettori.
Quando non sta facendo ricerca, e non sta scrivendo, cosa legge Robert Harris per puro intrattenimento? Per caso ci sono uno o più autori italiani che predilige?
Mi piace leggere diari, lettere, una Storia non mediata da biografi e storici. Riguardo all’Italia, ho letto moltissimi volumi sulla storia italiana (cinque dei miei romanzi sono ambientati nel vostro paese). Non mi vengono però in mente nomi particolari: sicuramente so di aver letto Umberto Eco!
V2 di Robert Harris (Mondadori) è in libreria, al prezzo di copertina di 20€.